Gamificazione

Inserimento di aspetti tipici del gioco competitivo (punteggi, livelli, status, ricompense, premi, benefici e così via) in situazioni di per sé non ludiche: ne sono esempio le classifiche e i diversi status di contribuzione di Wikipedia, ma anche molti luoghi digitali dedicati alla forma fisica, cosi come contratti assicurativi e sanitari monitorati e ancora Facebook editor o Pokémon Go.

La gamificazione è una caratteristica tipica della società della prestazione e prevede l’impossibilità di cambiare le regole del gioco in modo concordato tra i giocatori e la richiesta di azioni semplici e ripetitive. A modificare le regole del gioco è la volontà sovrana della piattaforma, come nel caso di Facebook.

Applicata con acritico entusiasmo alla didattica, la gamificazione può comportare assuefazione al pensiero eterodiretto e all’apprendimento competitivo, dal momento che è una pratica tipica della scienza di cambiamento.

Prepara inoltre alla ludificazione del lavoro imposta ai prosumer.

Osserva più in generale Demichelis:

se in passato gli uomini, costituendosi in società, minimizzavano i rischi condividendoli tra molti, i processi di individualizzazione e di prestazionalità/gamificazione di questi ultimi decenni hanno non solo individualizzato i rischi (…), accrescendone il peso e spesso l’insopportabilità, ma hanno tradotto in virtù e in un dovere (…) l’affrontarli individualmente . La produzione di rischio individualizzato è quindi parte costituente e istituente della biopolitica neoliberale, perché se la società non deve esistere , la diffusione/socializzazione del rischio (della paura, come nelle religioni classiche) è una disciplina all’adeguarsi e soprattutto all’auto-attivarsi individualmente davanti al rischio prodotto dal sistema, di nuovo all’auto-imprenditorialità, alla volontà di potenza, alla produzione di un io massimo capace/obbligato ad affrontare da solo i rischi della vita. Certo, ormai l’individuo sarebbe più nella sperimentazione che nella socializzazione (…), proprio perché i processi di socializzazione di ruolo/funzione tecno-capitalista passano oggi appunto attraverso l’incessante sperimentazione dell’individuo , altra forma della distruzione creatrice neo-schumpeteriana. Se dalla fine della seconda guerra mondiale – grazie anche ai sistemi di welfare e a politiche inclusive e di giustizia sociale – le società occidentali hanno conosciuto una crescente e diffusa sicurezza (intesa come riduzione dei rischi, in particolare di quelli sociali come disoccupazione, malattia, infortunio, vecchiaia) che a sua volta permetteva uno sviluppo qualitativo della libertà individuale, oggi si è fatta crescente la questione dell’insicurezza – dai rischi ambientali alle catastrofi naturali (…) – cioè i rischi si sono fatti globali, portandoci nella società del rischio.

Così analizza Vaccari:

Secondo i game studies la diffusione, su scala globale, dei computer e i suoi derivati mobile coincide con la diffusione di prodotti ludici digitali, in primis i videogiochi, che hanno accompagnato il processo di addomesticamento delle macchine pensanti. 
Lo strumento della gamification è ormai largamente diffuso in diversi ambiti. TripAdvisor per incoraggiare gli utenti a lasciare recensioni si avvale di premi (fidelizzazione) e badge. Duolingo, per motivare gli studenti ad imparare la lingua straniera prescelta, utilizza una progress bar basata sul superamento di livelli con crescenti gradi di difficoltà che gratificano lo sforzo dell’apprendimento. L’attuale affermazione del capitalismo delle piattaforme software è basata su specifiche dinamiche del rapporto umani e macchine che si caratterizzano per quella che viene definita la gamificazione (ludicizzazione) del comportamento umano. L’associazione meccaniche-dinamiche della metodologia rispecchia, abbastanza fedelmente, il seguente schema: si sbloccano badge (Livelli, Status) in relazione ad attività o, dietro precise azioni (Sfide, Obiettivi), si guadagnano punti e ricompense. Si ottiene la gratificazione all’utilizzo attraverso un sistema coerente di vantaggi e di status digitali. Algoritmi applicano un preciso sistema di procedure (flussi di attività) e l’utente è coinvolto in un’esperienza che fa generalmente leva su bisogni naturali, come la competizione, il riconoscimento di status ma, anche l’identità e l’appartenenza a un gruppo. Si applicano modelli del game design a sistemi software non prettamente ludici. L’esercito dei game designer sembra triplicato a seguito dell’enorme diffusione delle meccaniche della gamification nelle strategie di comunicazione del marketing, ma anche nelle architetture del personal brand dei social network.

Aloisi e De Stefano associano la gamificazione:

[alla] cupidigia di dati (valore stimato: circa cinque trilioni di dollari l’anno su scala mondiale), linfa vitale che scorre nelle vene di questi modelli di lavoro al servizio della tecnologia. Troppo spesso, tuttavia, le applicazioni di sorveglianza beneficiano di un’adesione acritica da parte degli utenti e dei lavoratori, inclini alla condivisione di dati senza troppe ritrosie in cambio di insignificanti ricompense. La cultura aziendale di riferimento, a sua volta, incoraggia la misurazione costante, in nome di programmi di benessere o con l’ausilio di sistemi interni di gamification,

Greg Beninger ragiona quindi su controllo e infantilizzazione della forza lavoro, descrivendo la sperimentazione MissionRacer di Amazon.

2 commenti

  1. […] Gli utenti sono soggetti a profilazione a fini di lucro e quindi sono al servizio dei proprietari del servizio, che possono – e spesso sono invitati – a personalizzare, in modo da aumentare il valore della propria mercificazione, ma che non possono modificare, caratteristica tipica della gamificazione. […]

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