Disruption (disruzione)

Interruzione di un flusso che crea disordine e poi un nuovo ordine: l’espressione definisce l’effetto socio-economico e culturale di una “tecnologia di rottura”, che ristruttura in modo brutale azioni, relazioni e regole, il più delle volte destabilizzando la situazione in atto e riducendo garanzie e diritti. È una sorta di attualizzazione e ridefinizione della “distruzione creatrice” schumpeteriana, secondo il paradigma della sostituzione tecnica.

Viene contrapposta all’innovazione incrementale.

Chicchi, Marrone e Casilli ci ricordano infatti in modo lucido e stringente che:

L’innovazione non è una progressione lineare inevitabile. È il risultato di un
complesso processo decisionale che si verifica all’interno delle organizzazioni. Alcune di queste decisioni sono più facili da prendere in tempi di turbolenze economiche o sociali. Questo è un fenomeno che gli economisti chiamano “automation forcing“: nei mercati del lavoro in cui la domanda supera l’offerta, invece di aumentare i salari, le aziende tendono ad adottare innovazioni che potenzialmente compensano la carenza di manodopera. Il recupero senza lavoro e la forzatura dell’automazione vanno di pari passo. Anche in assenza di shock esogeni come il Covid-19, la crescita occupazionale che le società globali hanno vissuto fino al 2019 non era destinata a durare. Il numero crescente di persone che lavorano da casa, la dedensificazione urbana e la concentrazione dell’occupazione nelle grandi aziende erano destinate ad ostacolarlo (…). Questi tre fattori hanno anche incoraggiato lo sviluppo di grandi piattaforme multinazionali che operano attraverso infrastrutture cloud. (…) Nell’attuale capitalismo pandemico, la marcia forzata verso l’automazione taglia i
territori dominati dalle piattaforme digitali. In che misura, quindi, questa “sostituzione” è effettivamente guidata da sistemi di intelligenza artificiale e soluzioni intelligenti? In che misura è meno una questione di automazione dei processi aziendali e più un caso di esternalizzazione dei processi aziendali? Concentrandosi sulle modalità effettive dell’automazione, si scoprono le condizioni materiali e il lavoro vivente necessari per produrre l’intelligenza artificiale. Dagli anni ’90, le aziende hanno esternalizzato funzioni strategiche in regioni in cui il costo del lavoro era molto più basso. Nei decenni successivi, l’adozione di soluzioni cloud come PaaS (Platform-as-a-Service) e di servizi
di crowdsourcing ha reso l’esternalizzazione più facile ed economica (…). Anche lo sviluppo di tecnologie intelligenti è ora reso possibile da piattaforme di freelance specializzate dove le aziende possono accedere facilmente a pool di lavoro sia di professionisti di alto livello (progettisti di interfacce, ingegneri del software, data scientist) sia di “lavoratori del clic“, incaricati dell’annotazione dei dati, del debug di alcune righe di codice, dei test di abilità, ecc. Nuove prove empiriche sul ruolo dell’essere umano nel ciclo dell’apprendimento automatico hanno portato gli studi recenti a esplorare le nozioni pertinenti di “eteromazione” (..), “l’ultimo miglio dell’automazione” (…) o “AI as a service” (…).

Come ricordano Brami e Cetarini:

Clayton Christensen, professore di Harward e affermato consulente aziendale americano, ha avuto il merito di sviluppare la teoria dell’innovazione dirompente, definita una delle idee più influenti in ambito imprenditoriale del XXI secolo. Secondo il suo pensiero, la disruptive innovation è l’effetto indotto da una nuova tecnologia o da un nuovo modo di operare su un determinato modello di business, effetto che porta a modificare completamente le dinamiche di uno specifico mercato, introducendo comportamenti e interazioni tali da rivoluzionare le logiche correnti. L’impatto di questa innovazione, per Christensen, è in qualche modo imprevedibile e la si può definire disruptive solo dopo che se ne è riconosciuto in modo diffuso il valore e dopo che questa ha generato cambiamenti nel modello in cui si è inserita. (F. Brami – T. Cetarini, “Humantech. Costruire l’azienda intelligente mettendo insieme persone e algoritmi”)

6 commenti

Lascia un commento